COMPAGNIA ALMA ROSE’
C’ERA UN’ORCHESTRA AD AUSCHWITZ
Con Annabella Di Costanzo e Elena Lolli
26 gennaio ore 21 CENTRO POLIFUNZIONALE via Greppi 12, Pero (MI).
“Uomini che amano tanto la musica, uomini che piangono nell’ascoltarla,
sono capaci di fare tanto male ” (Simon Laks e René Coudy)
Liberamente tratto da “Ad Auschwitz c’era una orchestra” di Fania Fénelon
Era il Gennaio del 1944 quando Fania Fenélon fu deportata ad Auschwitz e poiché sapeva cantare e suonare il pianoforte, entrò a far parte dell’orchestra femminile del campo, l’unica che sia mai esistita in tutti i campi di concentramento nazisti, che aveva il compito di accompagnare le altre prigioniere al lavoro e suonare per gli ufficiali SS.
Alla direzione dell’orchestra c’era Alma Rosé, eccezionale violinista ebrea, nipote di Gustav Mahler. Due donne, due visioni, due modi di vivere la musica all’interno del lager. Per Fania suonare è un mezzo per sopravvivere e sopravvivere è testimoniare. Per Alma la musica è un fine, il fine su cui ha costruito la propria identità. La loro musica pone domande sul rapporto fra Arte e Vita, che superano la dimensione storica e arrivano fino al nostro presente.
Ripercorrendo il diario di Fania diamo vita alle sue parole, accompagnate da quel repertorio musicale che era il preferito degli ufficiali tedeschi, capaci di commuoversi all’ascolto di una Madama Butterfly e subito dopo di mandare dei prigionieri alle camere a gas.
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Nuovo Teatro Ariberto, Milano, via Daniele Crespi 9 (26 gennaio ore 16.30 e 20.45 e 27 gennaio ore 20.45)
Tra il 1942 e il 1943 a Nonantola, in provincia di Modena, arriva una settantina di rifugiati ebrei, in maggioranza giovani e bambini, provenienti dall’Est europeo. Qui, a Villa Emma, vivono in relativa quiete per qualche mese, intrecciando con gli abitanti di Nonantola relazioni di grande e sincera amicizia. Ma in Italia, dopo l’8 settembre del 1943, il regime fascista inasprisce le persecuzioni antisemite, inaugurando anche le deportazioni verso i campi di sterminio. A questo punto, però, l’intera cittadinanza di Nonantola si schiera a difesa di questi ragazzi ebrei, nascondendoli nelle proprie case e facilitando poi, anche grazie ad alcune staffette del paese, la loro fuga verso la salvezza in Svizzera.
I ragazzi di Villa Emma è stato presentato con successo come lettura scenica ai primi di maggio 2002 alla Scuola Civica di Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, e in seguito è diventato un monologo interpretato da Marco Filatori e diretto da Toni Caroppi.
Quest’anno, in occasione della Giornata della Memoria, sono gli allievi del corso avanzato della Scuola del Teatro del Battito di Marco Filatori a portarlo in scena, diretti da Toni Caroppi. Non è un azzardo, e non significa nemmeno che gli spettatori verranno a vedere un banale saggio di metà corso, come ci si potrebbe aspettare. Si tratta di altro: è un gesto di fiducia in chi comincia ed è “un giovane della scena”, un momento determinante nella formazione dell’attore e un passo importante nella costruzione di un laboratorio di produzioni autonome, che al NTA sta mettendo radici.