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Pubblicità e inganno

Il decreto legge Balduzzi approvato dal Consiglio dei ministri vieterà la pubblicità dei giochi d’azzardo in Tv durante gli orari delle fasce protette, sui mezzi di trasporto pubblici e nei luoghi frequentati prevalentemente da minori. Basterà questo a interrompere l’ascesa del mercato delle giocate, che secondo le stime, a fine 2012 fatturerà oltre 100 miliardi di euro?

“O la pubblicità si vieta interamente, sulla base del ‘gioco d’azzardo patologico’ e non della ludopatia che non esiste, oppure il provvedimento non serve”. Parola del sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta nazionale antiusura. Quella del Governo, a suo parere è una norma insufficiente a invertire la tendenza.

La pubblicità è il grande motore che ha dato slancio al mercato dell’azzardo, soprattutto via web. “Bisogna smettere di sfruttare l’asimmetria conoscitiva tra consumatori e concessionari“. Per prima cosa sfatando il mito del “si vince sempre”. La percentuale dei biglietti con premio nei Gratta&vinci è di due su dieci ma i loro premi sono per la stragrande maggioranza di pochi euro. 

Solo per promuoversi, le aziende dell’azzardo sborsano tra i 300 e i 500 milioni di euro, secondo i dati dell’Agenzia giornalistica concorsi e scommesse (Agicos). Le pubblicità riempiono soprattutto la rete, il mezzo più usato per scommettere. Il motivo? Sulle giocate dal pc, che ormai rappresentano la stragrande fetta del mercato, la tassa statale è solo dello 0,6%. Il comparto segna un +240% rispetto al primo semestre dello scorso anno. La fetta delle scommesse on line guadagna 7.9993,8 milioni di euro solo tra gennaio e giugno del 2012. 

Vent’anni fa il quadro era tutto diverso. Fino agli anni ’80 e ’90, erano bische, casinò e ippodromi i luoghi del gioco. I “malati d’azzardo” erano professionisti e piccoli imprenditori. Poi con gli anni, come spiega il sociologo Maurizio Fiasco, si è passati da un mercato d’élite al “gioco d’azzardo industriale di massa”. “Il marketing – argomenta il professore – ha scomposto il pubblico per creare prodotti specifici per ogni esigenza”. A cambiare è stato il paradigma: “Si è passati dal prendere molto da pochi al prendere poco da molti, con evidenti profitti economici”.

A questo nuovo target, la pubblicità ha saputo costruire un nuovo messaggio. La scommessa è diventata parte della quotidianità, di facile accesso. Per chi vive una condizione di ristrettezza economica “rappresenta uno strumento per colmare un deficit tra se stessi e i propri desideri”, prosegue il professore. Ma le strategie di marketing del gioco d’azzardo hanno saputo spingersi anche oltre. Non si rivolgono solo al giocatore accanito, ma anche a chi non gioca, mostrando l’aspetto ludico dello scommettere. “Le pubblicità – aggiunge Fiaschi – mostrano che la scommessa non è altro che un passatempo divertente”. E questo ha avuto effetti devastanti su quella che Fiaschi chiama il target dell'”età evolutiva”: “È difficile scindere questo insieme in minorenni e giovani adulti: rappresentano lo stesso gruppo”. Su di loro, il messaggio che ha più presa è quello che per vincere non serve fortuna ma abilità. Semplicemente una falsità.

Testo: Lorenzo Bagnoli, per Redattore Sociale

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