MILANO – I ministeri dell’Interno e del Lavoro non chiariscono i punti oscuri della sanatoria. Anzi: l’aggiornamento delle faq, l’elenco di domande pratiche del sito integrazione.gov.it ribadisce una volontà di ostacolare la regolarizzazione. Lo dice Marco Paggi, legale dell’Asgi.
Secondo il decreto, infatti, è necessario che il rapporto di lavoro esista almeno da tre mesi prima della pubblicazione in gazzetta della legge (quindi dal 9 maggio 2012) e che la durata complessiva deve essere di almeno sei mesi. “Nonostante questa norma, nelle faq si esclude la possibilità che ci sia un subentro di un nuovo datore di lavoro, a meno che non ci sia un decesso o la cessione delle attività”, spiega Marco Paggi.”Siccome sappiamo per esperienza – aggiunge – che lo smaltimento delle domande durerà più di un anno, in media, questo contrasterà la possibilità di essere regolarizzati”. Il dito punta contro i ministeri: “C’è una resistenza di questi ambienti a chiarire le modalità della domanda in fase di regolarizzazione, il momento più delicato”, dice Paggi. E non è la prima volta, dato che lo svolgimento di quest’edizione della sanatoria sta ricalcando perfettamente quella di tre anni fa, quando “i chiarimenti sono arrivati con il contagocce”.
I numeri di domande, fino ad oggi, sono contenuti. Il ministero dell’Interno dichiara di aver ricevuto ad oggi circa 12 mila domande di emersione. “La maggior parte delle richieste si concentrerà negli ultimi giorni perché si spera fino all’ultimo in qualche delucidazione in più”, prevede l’avvocato dell’Asgi. Il risultato, quindi, sarà un flop: “Di sicuro ci sarà una forte discrasia tra il numero di lavoratori che effettivamente hanno bisogno di una regolarizzazione e quelli che la otterranno”. Il motivo è duplice: “Uno di ordine economico, perché in molti saranno costretti a pagarsi i contributi, anche se non dovrebbe accadere, e non avranno abbastanza soldi per farlo – chiarisce l’avvocato Paggi -.L’altro è per la restrizione dell’accesso: molti lavoratori non possono fare richiesta”. Per esempio, migranti a cui hanno controllato i documenti in un Paese dell’area Schenghen. “Un’esclusione che non ha senso”, commenta Paggi.
Redazione: Lorenzo Bagnoli, 25.09.012