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Il 2016 dei redattori di Terre, 1 libro per uno.

Si chiude l’anno, e prima di darvi le anticipazioni sulle uscite del nuovo….
Rivediamo il 2016 #1libroper1! Un titolo per ciascuno dei redattori di Terre.

Non sempre le persone riescono a vederti per quello che sei davvero. Andare oltre le apparenze è faticoso. Se poi sei un fantasmino le cose posso farsi davvero complicate. Leo – il protagonista di questo albo giocato sui toni del blu – ce la mette davvero tutta per essere un buon padrone di casa e un buon amico, ma gli altri hanno paura di lui, punto e basta. Un giorno, mentre si aggira sconsolato per la città, incontra una bimba che non gli chiede chi è: si limita a giocare con lui. Leo è felice, ma al tempo stesso teme che lei scopra il suo terribile segreto. Quando alla fine troverà il coraggio di dirle la verità, sarà lui ad avere una rivelazione: per amare una persona basta avere un cuore puro. E, forse, non farsi troppe domande.
(Mac Barnett è un autore speciale: perché riesce a raccontare verità profonde con pochissimi tratti, perché ha avuto come maestro David Foster Wallace, perché ha lavorato a 826 Valencia, il centro di scrittura creativa per bambini fondato a San Francisco da Dave Eggers a cui noi di Terre ci siamo ispirati per La grande fabbrica delle parole: basterebbe questo a farne il mio eroe. Poi un giorno, dopo averlo conosciuto alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna, ricevo un bigliettino scritto di suo pugno in cui mi dice di essersi accorto che, almeno in un paio di occasioni, nelle dediche che mi aveva fatto sui suoi libri si era dimenticato la lettera finale nel mio nome. Quindi, per rimediare, aveva deciso di mandarmi una “e” da incollarci sopra…).
Sfoglia qui: Leo. Una storia di fantasmi
Mac Barnett e C. Robinson


Quante volte ho sentito quella vocina pigra e invitante sussurrare queste parole, chissà da che angolo della mia mente. La voglia di rimandare impegni scomodi non è certo prerogativa dei più piccini, e può darsi che sia proprio l’equilibrio tra gioco e dovere trovato a quell’età a renderci adulti coscienziosi, in grado di zittire quella vocina (o di risponderle a tono: “Oggi non ti ascolto, magari domani”). Il Natale ci rende tutti un po’ bambini e la casa, straripante di parenti, sorrisi e regali, diventa una tana accogliente in cui andare in letargo, giusto per qualche giorno. Forse non c’è momento migliore per far salire un amico, grande o piccino, sull’albero di un bradipo abbandonato all’ozio e scoprire a quali guai lo porterà.
Grazie all’incantevole semplicità mai banale di illustrazioni e testi, “Magari Domani” mi ha catapultata indietro negli anni, quando fare i compiti o sistemare i peluches sparsi in tutta casa sembrava una condanna, finché non è diventato parte di un nuovo gioco, quello della crescita (e si sa, in quel momento avevamo fretta di crescere). Ho letto e osservato con gli occhi di me bambina, sentendo sulla nuca ancora una volta lo sguardo contrariato ma bonario dei miei genitori; una volta finito, svanita quella piccola magia e tornando al presente, ho capito che c’era tanto altro da scoprire tra le righe, che anche ora da questo libro ho qualcosa da imparare, che c’è tanto a cui pensare e da non rimandare.
Sfoglia qui: “Magari domani”, di M. Escoffier e K. Di Giacomo

Passo una mano sulla copertina, sento il rilievo della verniciatura sul titolo, mi piace, e penso alla strada che “Viaggio per Utòpia” ha fatto per poter essere qui ora. Mi ci sono affezionata perchė dentro c’ė l’entusiasmo di 5 giovani illustratori che si sono messi in dialogo per costruire un progetto comune mettendo da parte il proprio ego, a volte. Un lavoro dove anche chi non c’ha messo la firma e ha fatto in modo che questo libro esistesse si ė sentito indispensabile! E mi pare che ė esattamente quello che ci si trova dentro disegnato. Il bello ė che non ė mai finito, ognuno può aggiungere la sua parte colorando o disegnando gli spazi ancora liberi. Un libro che cambia. Nella nostra città utopica nessuno si sente escluso e ognuno mettere a disposizione le proprie capacità piccole o grandi che siano, ma anche si da la possibilità di scoprire doti e qualità di cui era all’oscuro. A guardarlo sembra un film o la scena di un pittore fiammingo, c’ė spazio per tutti. Pesci banana e scatole con le gambe, draghi, menestrelli, animali e gente di tutti i tipi. Pare che ognuno abbia una storia alle spalle e un motivo per cui si trova lì. E ancora di più, quando li colori, i personaggi si animano… poi ti affezioni a uno di loro in particolare e lo accompagni fino in cima a scoprire la libertà. 

C’è una stagione di mezzo, in cui estate e autunno si danno appuntamento, portando le ultime farfalle e le prime foglie rosse. Hanno linguaggi diversi, estate e autunno, ma in quel passaggio sanno parlarsi, in quella passeggiata fianco a fianco sanno di essere uno il figlio dell’altra. Tra le pagine di “Chiedimi cosa mi piace” l’incontro di queste stagioni è l’incontro tra una bambina e il suo papà e un omaggio alla sintonia delicata che li lega.
Sfogliando questo libro ho pensato ai boschi della mia città, che ancora si infiltrano tra le case, li ho pensati verso la fine di settembre, quando l’odore della terra umida si mescola al profumo dei fiori. Ho pensato ai quattro passi ritagliati tra l’incalzare degli impegni, spesi in compagnia di qualche buon amico, a chiacchierare di tutto e niente. Ho rivisto i pomeriggi all’aria aperta di un me bambino e, ancora una volta, l’incredibile bellezza di ciò che è semplice. 
Sfoglia qui: “Chiedimi cosa mi piace”, di Suzy Lee e Bernard Waber 


Quando sei in cammino verso l’età adulta, l’infanzia può sembrare un fardello ingombrante o fastidioso… Ma se trovi il modo giusto di “maneggiarla”, con leggerezza e affetto, si può trasformare in una ricchezza, un ponte verso nuove esperienze. Questo è quello di cui “Mezzacalzetta dove sei?” mi ha parlato, e che ogni volta che lo sfoglio un po’ mi emoziona. Il protagonista è un bambino che ha voglia di crescere. Ma è dura sentirsi grandi se il tuo principale compagno di giochi è un coniglio di nome Mezzacalzetta, un coniglio un po’ tonto, molto morbido e incredibilmente dolce, che non capisce la differenza fra indiani e cowboy, non sa giocare a calcio, ed è pure lentissimo a camminare. Il bambino allora decide di liberarsi del coniglio, come si faceva nelle più classiche fiabe dei fratelli Grimm: portandolo nel bosco. Lo lega a un albero con un filo del suo maglione, e scappa. Ma abbandonare la propria infanzia nel bosco non può essere tanto semplice. In preda ai rimorsi il bambino frena la corsa e torna indietro, almeno per slegare il coniglio, almeno perché possa andare a cercarsi qualcosa da mangiare… Però quando arriva all’albero, Mezzacalzetta non c’è più. E dove può essere andato da solo un coniglio così tontolone? Sarà in pericolo? Sarà finito in pasto a qualche animale del bosco? Il bambino si mette a cercarlo… e proprio grazie a questa avventura troverà nuovi amici e nuovi giochi (oltre a ritrovare Mezzacalzetta, che zitto zitto se la sa cavare meglio di quanto pensassimo).
Sfoglia qui: “Mezzacalzetta dove sei?”, di B. Chaud

L’espressione “restare senza parole” più che evocarmi tramonti infuocati su scogliere mozzafiato mi suscita una pruriginosa sensazione di impotenza. Senza parole, il pensiero resta una nuvola amorfa: inutilizzabile e incomunicabile. E sta proprio nelle parole la magia di questo libro, nei venticinque termini che offrono altrettanti punti di presa su una materia proteiforme come l’arte contemporanea. Dalla A di “Astratto” alla Z di “Zero”, Elena e Giulia chiariscono il senso di ogni termine invitandoci a fare delle piccole esperienze che possono strappare un sorriso (B come “Buffo”), sorprendere (D come “Dubbio”), aprire delle possibilità (T come “Tu”). E guardare con occhi nuovi un panorama che appare a volte inafferabile. Quadri, sculture, video, performances, arte pubblica: tutto diventa più accessibile e “giocabile”. Puoi girarci attorno, entrarci dentro – e uscirne un po’ diverso. Puoi smettere di chiederti cosa avrà voluto dire l’artista e lasciare spazio alla voce dell’opera in te. Alle sue risposte e alle sue nuove domande. 
Sfoglia qui: L’arte contemporanea è un gioco da ragazzi“, di E. Valdré e Giulia Volontè

In redazione lo sanno tutti e un po’ ci scherzano su, del mio amore per Mac Barnett e Jon Klassen. Dentro la buca di Sam e Dave ci sono caduta la prima volta che ho visto la copertina di Klassen, dopodiché ho iniziato a scavare pure io, scoprendo via via qualcosa di spettacolare: due giovani autori pieni di carisma e talento, che lavorano insieme con estrema disinvoltura e che, soprattutto, si divertono un mondo nel farlo. E questo traspare moltissimo in Filo magico, il primo albo frutto della loro alchimia creativa. Barnett ama raccontare come l’idea gli sia nata proprio sfogliando il portfolio di Klassen, fermandosi davanti al disegno di una bambina e del suo cagnolino con addosso due maglioni colorati. Un anno dopo questo strano momento epifanico, Mac manda all’amico il testo di una storia: parla di una bambina che un giorno trova una scatola con dentro un filo colorato che, maglione dopo maglione, non si esaurisce mai, restituendo colore (e vita) a tutto il villaggio. La cosa più sorprendente, dice Mac, avviene mesi dopo, quando riceve le tavole: Klassen non aveva “semplicemente” illustrato le sue parole ma le aveva completate, aggiungendo alla trama elementi narrativi che il testo da solo non comunicava. Per fare un esempio, a un certo punto, Annabelle regala maglioni colorati a diversi abitanti, tra cui “il piccolo Louis”. Quando l’aveva scritto, Mac si era immaginato che fosse un bambino, invece Jon aveva rappresentato il piccolo Louis come un ometto con la bombetta in testa e il bastone di canna in mano mentre balla una giga. Mac Barnett vede nel piccolo Louis il suo modo di concepire il rapporto scrittore-illustratore, che per funzionare al meglio deve fondarsi su un identico grado di autorialità. Ho avuto la fortuna che Barnett me lo raccontasse di persona questo bell’aneddoto, così ora, ogni volta che sfoglio Filo magico e arrivo al piccolo Louis che mi sorride, non posso che sorridergli a mia volta.  
Sfoglia qui: “Filo magico”
, di Mac Barnett e Jon Klassen

Da quando ho visto Daniel-san trionfare con la “Tecnica della Gru” in Karate Kid mi sono innamorato del Giappone. Il maestro Miyagi, tra una passata di cera e l’altra, è stato il primo ad affascinare la mia curiosità con quel mondo così lontano da noi. Al resto ci ha pensato l’infanzia trascorsa con i robot di Go Nagai, l’adolescenza attaccato alle pagine di ogni manga uscito in Italia, l’età della ragione tra un libro di Murakami, un film di Miyazaki e la cura (perlopiù fallimentare) di bonsai. (In tarda età conto di continuare la mia passione con l’allevamento di carpe koi e la cura di un giardino zen). Il cibo non è mai stato tra le mie priorità di antropologo del Sol Levante. Finché, atterrato per la prima volta in Giappone, l’adagio “mangiano solo pesce crudo” non si è trasformato in: ramen, onigiri, tonkatsu, okonomiyaki, soba, konnyaku, takoyaki.. un tripudio di sapori dai nomi più o meno impronunciabili. Lo ammetto: sono rimasto sorpreso e.. impreparato! Motivo per cui, appena ho sentito parlare in redazione di “The sushi game” ho capito che era il MIO libro. Francesca Scotti, che di Giappone se ne intende, con le illustrazioni di Alessandro Mininno (che di ristoranti Giapponesi se ne intende) ci guida passo per passo tra storia, curiosità, stranezze (e anche schifezze!) di una miriade di piatti tradizionali e non, senza dimenticare una serie di incursioni nella cultura pop che vi faranno riaffiorare ricordi di film (avete presente “Memorie di una Geisha?”), fumetti e cartoni animati (da Ranma 1/2 a Kiss me Licia, l’elenco è interminabile). Portare con me “The sushi game” mi avrebbe risparmiato diverse brutte sorprese. Direte, “è il bello della scoperta”.. provate ad ordinare per puro caso del Natto. Poi ne parliamo.
Sfoglia qui: “The Sushi Game”, di F. Scotti e A. Mininno

Con l’avvicinarsi delle Feste, si avvicinano anche pranzi e cene per passare momenti felici insieme ad amici, parenti e colleghi, augurandosi buone Feste, davanti al buon cibo della nostra città – senza spendere un capitale. Per questo, non c’è strumento migliore, a Milano, della guida Pappamilano! Valerio Massimo Visintin, critico gastronomico “mascherato”, è ormai una garanzia: mangiare bene a Milano, senza spendere una fortuna, non è così scontato! Ce n’è davvero per tutti i gusti: dalle osterie e trattorie locali alle pizzerie, dalle nuove aperture agli storici ristoranti di Milano, dai locali “pret-à-porter” alle tradizioni culinarie d’oltreconfine ecc… La guida, giunta alla sua quindicesima edizione, pratica e tascabile, semplice da consultare e recensita da un critico esplicito e franco – come se fosse un cliente qualsiasi a scrivere – è il miglior compagno d’avventura per organizzare al meglio una serata insieme, mangiando buon cibo e tornando a casa soddisfatti. Grazie ai consigli ed alle recensioni dell’autore, ho scoperto diversi locali, sparsi qua e là nella città. Si, è vero, chi mi conosce sa che sono un goloso di pizza! Per questo, non posso dimenticare una pizzeria in particolare, Berberè, una scoperta del nostro critico, aperta solo da due mesi, che si distingue dalle altre – numerosissime – pizzerie presenti a Milano per la sua originalità e la sua qualità nell’impasto e nella cottura. Davvero da provare.
Sfoglia qui: Pappamilano 2017, di Valerio M. Visintin 

Con le calzarughe è stato amore a prima vista. In verità, le cose sono andate così: ero sicura che la mia Anna, seienne, lo avrebbe amato, questo manuale creativo così speciale…  ma non al punto di sottrarre calzini dai panni stesi, o mischiare il bucato bianco con il colorato, per avere indumenti stinti da recuperare. Quindi, il consiglio è: mentre andate in libreria lanciate subito una call tra i vostri conoscenti per rimediare calze spaiate e guanti rotti (vi servirà questo e poco altro). L’altra avvertenza è di sapere che questi “pupazzi” saranno… creature, ciascuna con una propria fisionomia e personalità, e tutte da trattare con materna dedizione. Anna aveva deciso che li avrebbe realizzati come regalo di Natale per gli amici, questi animaletti, ma ha pianto calde lacrime quando è arrivato il momento di decidere che sarebbero diventati dei pacchetti. Alla fine, abbiamo elaborato che affidarli alle persone più care sarebbe stata una garanzia più sufficiente. E intanto… succede che chi incontra o riceve in dono le calzarughe, a sua volta, si premura non solo di custodire, ma di moltiplicare gli animali da salvare: e così, con gran felicità di Anna, arrivano ceste di materiali che daranno vita a chissà quante altre animalesche creature. 
Sfoglia qui: Calzarughe, bodyfanti e altri animali da salvare, di S. Bonanni

Passo una mano sulla copertina, sento il rilievo della verniciatura sul titolo, mi piace, e penso alla strada che “Viaggio per Utòpia” ha fatto per poter essere qui ora.
Mi ci sono affezionata perchė dentro c’ė l’entusiasmo di 5 giovani illustratori che si sono messi in dialogo per costruire un progetto comune mettendo da parte il proprio ego, a volte. Un lavoro dove anche chi non c’ha messo la firma e ha fatto in modo che questo libro esistesse si ė sentito indispensabile! E mi pare che ė esattamente quello che ci si trova dentro disegnato. Il bello ė che non ė mai finito, ognuno può aggiungere la sua parte colorando o disegnando gli spazi ancora liberi. Un libro che cambia.
Nella nostra città utopica nessuno si sente escluso e ognuno mettere a disposizione le proprie capacità piccole o grandi che siano, ma anche si da la possibilità di scoprire doti e qualità di cui era all’oscuro. 
A guardarlo sembra un film o la scena di un pittore fiammingo, c’ė spazio per tutti. Pesci banana e scatole con le gambe, draghi, menestrelli, animali e gente di tutti i tipi. Pare che ognuno abbia una storia alle spalle e un motivo per cui si trova lì.
E ancora di più, quando li colori, i personaggi si animano… poi ti affezioni a uno di loro in particolare e lo accompagni fino in cima a scoprire la libertà. 
Sfoglia qui: Viaggio per UtòpiaAA.VV. 

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    Terre di mezzo editore è una casa editrice fondata a Milano nel 1994.
    Pubblica ogni anno più di 100 titoli. Tra le collane principali ci sono: L’Acchiappastorie albi e narrativa per bambini e ragazzi, i Percorsi a piedi e in bicicletta, I Biplani, racconti di grandi autori illustrati da artisti di fama, i manuali creativi delle Ecofficine.
    I primi grandi bestseller sono stati la guida al cammino di Santiago de Compostela e La grande fabbrica delle parole, di Valeria Docampo.
    Negli ultimi anni ha portato in Italia le serie di Dory Fantasmagorica e Cane Puzzone, ha pubblicato più di 40 guide ai cammini italiani e ha dato alle stampe i testi di Paolo Cognetti e Erri De Luca impreziositi dalle illustrazioni di Alessandro Sanna, e di Wislawa Szymborska con Guido Scarabottolo, e Claudio Piersanti con Lorenzo Mattotti.

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