Abbiamo chiesto ad Abby Hanlon di raccontarci come è nata Dory!
Da dove arriva Dory? Come hai pensato a questo personaggio?
Prima di tutto, sono così felice della pubblicazione di Dory in italiano, e di sentirmi in relazione con voi, così, al di là dell’oceano. E mi fa molto piacere sapere che le monellerie buffe di Dory sono traducibili anche attraverso le diverse culture.
Da dove viene Dory? Beh, io sono la più piccola di 3 fratelli, tutti molto vicini per età. Mia sorella è la maggiore, poi mio fratello e poi dopo io: esattamente come nella famiglia di Dory. Mia sorella e mio fratello erano molto simili e giocavano sempre tra di loro e io ero la sorella più piccola che si annoiava. Per sopperire a questa mancanza di compagnia ho sviluppato una vivacissima capacità d’immaginazione. Da adulta mi sono resa conto che quel circolo vizioso sarebbe stato un bel problema da affrontare anche per un personaggio! Ecco come è nata Dory: da sentimenti molto profondi del mio vissuto, quando ero la più piccola della famiglia.
Sappiamo che la tua fonte di ispirazione sono i bambini: i tuoi figli e gli alunni incontrati nella tua esperienza da insegnante. Cos’è che ti piace, del loro mondo?
Sono sempre rimasta affascinata dal vedere come giocano I bambini e ho trascorso molto tempo ad osservarli mentre erano intenti nei loro giochi d’immaginazione. Rimango stupefatta da quanto trasporto ed energie richiedono queste attività, e come non rimangano mai senza idee, e quanto piacere e senso di libertà mostrino semplicemente nel “fare finta di”. Quando mi sembra di non sapere cosa scrivere, mi immergo nelle voci dei miei bimbi che giocano lì vicino e mi ispiro alla loro infinita capacità di inventare e reinventare continuamente. Ho 2 gemelli, un maschio e una femmina, di 9 anni. Li ascolto mentre si divertono insieme e raccolgo ogni dettaglio, anche minuto, delle loro sessioni di gioco, ed è quello che trasporto poi nella scrittura di Dory. I miei ragazzi hanno preparato un sacco di fortini e zuppe avvelenate, si sono trascinati l’un l’altro nelle ceste della biancheria e hanno lanciato “dardi soporiferi” ai loro nemici.
Quando sei piccolo, è abbastanza comune avere un amico immaginario; tanti genitori si chiedono se questa cosa sia sana o meno. Tu che messaggio dai a questo proposito, con Dory?
Per Dory, il mondo immaginario è la soluzione creativa al problema di sentirsi esclusa. È una sorgente di forza, autonomia e perfino conforto. Quello che desidero è riuscire a rappresentare il suo mondo immaginario come spazio di “gioco sano”. Mi piacerebbe che i piccoli lettori si riconoscessero in Dory e riuscissero così a perdonarla quando il suo comportamento va magari un po’ fuori dalle righe. Spesso mi chiedono: “Ma la signora Arraffagracchi, è vera?”. E quando sento questa domanda torno con la mente a a situazioni proprie di un bambino che, anche a 8 anni, osservando una marionetta tipicamente si chiede se è vera o meno. È in questo spazio sfumato, tra il reale e l’irrealtà, che si muove Dory.
Ti sei ispirata anche ad altri libri? Quali sono i tuoi autori per l’infanzia preferiti?
L’ispirazione per Dory la devo ai miei bambini, non tanto ad altri libri letti, e questo rende Dory qualcosa di originale e di diverso dal resto, credo. Tuttavia, ad un altro livello, forse più profondo scommetterei che Dory deve qualcosa a giganti della letteratura per l’infanzia come Charles Schulz, Beverly Cleary, Astrid Lindgren, Roald Dahl and Bill Watterson.
Sei autrice e illustratrice di Dory: qual è il tuo metodo di lavoro, in queste due vesti?
Ho lavorato prima sul manoscritto, apppuntando nel testo dove immaginavo dovesse poi andare ciascuna illustrazione. E l’ho fatto come se dovessi affidare a qualcun altro l’ideazione di queste illustrazioni. Mi sento ancora una “novellina” come illustratrice e preferisco non pensare a quanto poi in realtà possa essere difficile disegnare quello che ho scritto nelle note. Poi, quando il manoscritto è approvato – sebbene sia ancora una fase preliminare anche quella, visto che potrebbero esserci dei vuoti da colmare o che magari la storia non ha ancora un vero finale – “cambio attrezzatura” e inizio a lavorare sulle vignette, e so che questo mi consentirà anche di riempire i gap e trovare soluzioni creative laddove non mi era riuscito magari durante la stesura del testo. Questo scambio è la parte magica e bella dell’essere contemporaneamente autore e illustratore della storia che componi!
I bambini di quale età apprezzano di più Dory, secondo te? Avevi in mente un target preciso, quando l’hai scritto?
Ho scritto il mio primo Dory quando i miei figli erano alla materna. Il giorno in cui l’editore Penguin Random House mi ha comunicato che voleva pubblicare il libro, era il sesto compleanno dei gemelli. Il libro lo avevo scritto per loro, perché erano proprio nell’età in cui sembravano molto attratti dall’idea di leggere un “chapter book” (libro per bimbi più grandi, in capitoli), ma non riuscivo a trovarne se non troppo lunghi e sofisticati. Insomma, penso che un libro come Dory possa funzionare per genitori che leggono a voce alta a bambini desiderosi di approcciarsi a una storia più lunga. Ma siccome è anche ricco di illustrazioni, è ugualmente adatto a bimbi di 5-8 anni che vogliono leggere da soli. Ricevo molte lettere da parte di genitori che mi dicono che Dory è il primo libro in capitoli letto in autonomia dal proprio bimbo.
Dory è in via di pubblicazione in 16 paesi. Ti aspettavi un così vasto successo?
Mentre scrivevo Dory non ho mai neppure considerato la possibilità che il libro fosse tradotto in altre lingue. E anche adesso quando penso che viene letto in così tante altre lingue mi sembra una cosa inverosimile. Mi sento davvero molto fortunata nell’apprendere che non vi siano nel libro cose troppo specifiche della cultura americana, perché di questo non avrei avuto la benché minima intenzione.
Il terzo episodio di Dory è appena uscito negli Stati Uniti. Stai nel frattempo pensando ad altre avventure di Dory?
Mi piacerebbe, sì, un quarto libro della serie. In verità, ho uno stralcio di Dory-3 che non è entrato in quel volume e che mi piacerebbe riprendere e sviluppare, ma sento che devo ancora raggiungere la quadratura del cerchio, prima di decidermi definitivamente a lavorare sul quarto Dory.
Redazione 23.09.016
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